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Diario Valar: Stupirsi nella bambinanza

Aggiornamento: 19 feb 2019

Andrea Tassinari. Attore e formatore teatrale della Policardia Teatro



"Valar è un lignaggio, un’appartenenza ad una tradizione." Così iniziavano le parole di Andrea Moretti quando ci iniziò a raccontare che cos’era Valar per lui.

Ma a quali tradizione apparteniamo? Alla tradizione occidentale, italiana forse…

I bambini italiani non sono diversi dai bambini africani, non sono diversi dai bambini americani e così via. I bambini sono sempre bambini ovunque.

Quella bambinanza, che noi cerchiamo sempre di preservare, è sempre legata ai bambini di qualsiasi parte del mondo, di qualsiasi tradizione.

Ed è per questo che Valar è un’appartenenza ad una tradizione, perché ci fa riscoprire quanto tutti noi, tutti noi come esseri umani, apparteniamo tutti a quella tradizione, a quella bambinanza.

La bambinanza è presente ovunque. E’ la tradizione più antica del mondo.

Nel Silmarillion di Tolkien gli Ainur hanno appena creato l’universo attraverso il loro canto ed alcuni di loro, innamorati della propria creazione, decidono di abitarla e continuare a modificarla e a completarla. Furono chiamati Valar.

Ed è proprio in questo senso che noi agiamo: ci piace così tanto stupirci e lavorare alla creatività in questo modo che diventiamo davvero dei creatori, poiché continuiamo a modificarla. Da quando Valar è stato creato ed elaborato più specificamente nei suoi contenuti, nell’agosto del 2017, ad oggi ha avuto tantissimi cambiamenti. Non nei contenuti, ma nel modo di condurre alcune esperienze. Il “come” andare da un’esperienza all’altra è stato interamente compito nostro, e con ogni allievo può essere di diverso approccio, rispettando i diversi tempi e bisogni di ciascuno.




Quella che rimane di fondo è la vitalità dinamica che acquista questo modo di lavorare.

I Valar creano nel momento presente, osservando ciò che accade intorno a loro. Ed ecco che una semplice serie di esercizi di stretching può trasformarsi in un lavoro fisico-creativo allo stesso tempo, così come prende senso l’introdurre in un certo modo il lavoro con i bastoni.

Questi sono i tocchi dei Valar durante il lavoro: quando si è nella creatività niente è dato per scontato e tutto può avere un senso.

Quando si lavora ad un progetto del genere spesso è inevitabile mettersi alla prova sul come stiamo noi e come quindi approcciarsi all'insegnamento; e anche se l’istinto a voler dirigere, con metodi tipici della didattica scolastica a volte può portarci a staccarci da quella bambinanza, essa va solo ascoltata e accolta.

Alcuni altri formatori della Policardia, come Andrea Aquilante, mi hanno fatto riflettere su questa “voglia di metodologia didattica” che può sorgere in noi, dovuta forse al fatto che anche noi quando andavamo a scuola siamo stati educati in questo modo.

Bruce Myers, uno dei nostri Maestri da più tempo, ci ha dimostrato nel suo modo di tenere i workshop che lui è lì, aperto a stupirsi; la creatività non viene posta dall'alto e non si può insegnare, e gli attori che venivano da grandi accademie di recitazione restavano delusi dal comportamento di Bruce, che non aggiungeva altro se non un “It’s good” dopo che avevano soltanto provato a mettersi in mostra davanti a lui, speranzosi di ricevere qualche prezioso consiglio e indicazione da parte di un così grande attore.

Bruce cercava quella bambinanza che portasse una qualità più vera all’azione ed ecco che allora si accendeva e iniziava a giocare anche lui e, come un Valar, a creare e modificare tutto.

Gli attori devono sempre proporre, devono essere loro i primi creatori. Il regista attento sarà capace di emozionarsi soffermandosi su alcuni momenti vitali e allora lì potrà cominciare il lavoro e si potrà forse anche incominciare a parlare di regia. Ma il regista li guiderà partendo proprio dalla loro proposta, smussandola e indirizzandola in seguito.

In questo modo guidiamo gli allievi nel progetto Valar: interveniamo quando vediamo che c’è qualcosa di fertile.

E quando avvengono questi momenti di creatività pura, allora bisogna intervenire. Intervenire per incanalarla, per farla splendere, così come Bruce faceva con noi.

E allora il maestro si stupisce, e interviene, e può agire, può modificare, può giocare anche lui. Perché fondamentalmente si tratta di questo, si tratta di tornare a giocare, anche chi si crede maestro.

Ed è quella la grande pedagogia, far passare un grande insegnamento che viene da antiche tradizioni, ma che viene dalla più grande di tutte che è il gioco, la bambinanza.

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