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L’apprendimento autonomo

Gabriele Finzi. Attore e formatore della Policardia Teatro


Queste riflessioni nascono subito spontanee da una danza.

La danza del mio corpo che inizia a girare, attorno a me la musica invita alla rotazione, come i dervisci. E’ un ritmo ossessivo ed è impossibile fermarsi, lascio andare lo sguardo sulla mia mano, distesa, e tutto gira. Io, e tutto ciò che c’è oltre a me.

Poi mi lascio andare, disteso a terra, e ascolto il mio corpo che respira.

Ecco che trovo il collegamento fra questa mia personale pratica, sorta così spontanea in un mio privato momento di “artistica” quotidianità domestica, e il lavoro di uno dei nostri Maestri, Hassan Farzi.

Hassan lascia che il corpo lavori fino allo sfinimento, fa sì che tutte le giunture si liberino e non dà spazio alla riflessione intellettuale.

“Sei stanco? Vuol dire che sei attivo…” dice ogni tanto sottovoce sorridendo.

E quando il lavoro fisico sembra terminato ti fa sdraiare concedendoti un momento per ascoltare tutte le sensazioni che sono emerse.

Proprio come quando ci lasciamo andare alla danza dei dervisci e giriamo per poi lasciarci andare.


Perché questo è l’apprendimento. Perché autonomamente ci colleghiamo a quell’esperienza e resta impressa nella nostra memoria, non solo razionale ma anche emotiva e fisica.

Possiamo in questo modo riconoscere autonomamente ciò che di quell’esperienza ci ha fatto bene e ciò che ci ha fatto male, o le resistenze che non ci hanno permesso di goderci quella determinata esperienza, e la gioia che non siamo riusciti a concederci durante il suo svolgimento.

Così come in queste esperienze impariamo ad accogliere con gioia la vita e a goderne pienamente soltanto se riusciamo a liberarci dal tentativo di voler controllare tutto ciò che succede. Accade se ci fidiamo del legame noi abbiamo con la vita. Poiché ad essa siamo già connessi, non dobbiamo fare nient’altro.

Quando invece ci poniamo un obiettivo arriva una pretesa e quindi ci sforziamo nell’allontanarci da questo processo di apprendimento, convinti di voler arrivare da qualche parte; quando in realtà la vita ci sta dando già tutti i segnali per andare verso noi stessi e verso il completamento di noi stessi, e questo completamento avviene grazie al nostro riconoscimento negli altri.

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